E' sorpendente. Semplicemente sorprendente. Molto probabilmente l'ultimo album di David Gilmour "On an island" non entrerà mai nei libri di storia della musica (come altri albums prodotti da lui e i suoi compagni), ma l'evento rimane sorprendente. La positiva sorpresa arriva quando non te l'aspetti. Quando non ce n'è alcun bisogno; quando c'è l'idea del regalo; prima di tutto a se stesso e poi a chi lo ascolta. E questo è quello che si percepisce dall'ascolto di questo album. Niente di più di un regalo di uomo arrivato a sessanta anni con la consapevolezza di aver fatto molto per se stesso (speriamo) e per gli altri. E così il buon "vecchio" David ci accoglie con la sua voce e la sua chitarra nel suo salotto. Anzi, nella sua isola. Ci fa sedere su un soffice sofà, ci offre da bere e ci racconta una storia. Una storia che può essere la sua o quella di chi lo ascolta non importa. Ci sono dei livelli musicali che raggiungono l'universalità senza mai abbandonare le profonde radici da cui succhiano nutrimento. Nel primo momento queste radici sono ben presenti; sembrano le protagoniste del racconto. E' normale! Quando si cerca di spiccare il volo si parte sempre dal basso. Poi il registro cambia; si fa più drammatico. "Red sky at night" mi ha parlato e mi ha raccontato una triste storia che in passato i Pink Floyd mi avevano già raccontato. Il richiamo a "Shine on you crazy diamond" è forte, ed il pezzo è intenzionalmente evocativo. Ed eccolo. Il volo! Staccarsi da terra vuol dire abbandonare un terreno saldo e sicuro e sperimentare nuove dimensioni. Le piume delle ali così fragili devono sorreggere un corpo in un equilibrio instabile. L'aria è allo stesso tempo nemica e collaboratrice. Così, se tutto va bene, si raggiunge un equilibrio grazie al quale si può guardare dentro se stessi. Metre prima si era concentrati alla meccanica del volo, ora la mente è rivolta all'emozione che si prova volando. "Then i close my eyes" con piccole note e con una delicatezza estrema riesce a scaturire una forte emozione. L'emozione continua in un continuo spostarsi dall'esterno, caratterizzato da ampi spazi e atmosfere rarefatte, all'interno in cui ognuno di noi codifica le proprie emozioni. Nell'unica azione di volo di questo album ci sono le emozioni di tutti. Le più differenti magari, ma caratterizzate tutte dalla stessa intensità. Non so se è chiaro. Come dicevo prima: molto probabilmente l'ultimo album di David Gilmour "On an island" non entrerà mai nei libri di storia della musica ... ma mi ha emozionato!
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